La congiura – Indagine su un re scomparso

Si legge tutto d’un fiato l’ultimo libro di Luciano Rognini La congiura. Indagine su un re scomparso: Luigi XVII, Edizioni Bonaccorso, Giugno 2022.

Sebbene affondi le radici nella profondità della storia, spesso complessa e cavillosa, il testo si avvale della piacevolezza della narrazione, arricchita da sfumature romanzate di grande coinvolgimento.

Ma è soprattutto la scorrevolezza di una scrittura sapiente ed esperta a catturare il lettore e proiettarlo tra le pieghe di un enigma storico. Mi riferisco alle sorti di Louis Charles, figlio del re francese ghigliottinato con la moglie Maria Antonietta; quel piccolo uomo incarcerato e morto nel 1795, a soli dieci anni, a seguito delle terribili condizioni in cui aveva vissuto nella prigione del Tempio.

A lungo si è dubitato della sua morte ipotizzandone la fuga e la sostituzione con un coetaneo muto e molti, negli anni a seguire, hanno sostenuto di essere il Delfino. Solo l’orologiaio tedesco Naundorff è stato identificato come tale, ma recenti indagini genetiche sembrano smentire anche questa identità.

Attorno a un fatto così ambiguo e oscuro ruota la storia narrata da Rognini e si ramifica, pagina dopo pagina, in varie direzioni seguendo uomini ed eventi, passioni e ideali che hanno movimentato la difficile epoca successiva al Terrore e alla morte di Robespierre.

Nel testo compaiono personaggi realmente vissuti accanto a personaggi verosimili, così come sono affiancati eventi accaduti ad altri d’invenzione, ingredienti propri del romanzo storico che permettono di accostare anche i meno esperti alle dense sedimentazioni del nostro passato.

L’autore, che ha già pubblicato testi di questo genere, è anche un esperto di arte e musica antica; ha collaborato a numerose pubblicazioni, cataloghi di mostre, saggi e volumi legati alla cultura veronese; ha prestato consulenze a prestigiosi musei come il Metropolitan di New York e il Victoria and Albert Museum di Londra.

Sono certa che con La congiura Rognini non abbia chiuso questo capitolo epocale. L’epilogo rimane sospeso e consente di intravedere la possibilità di un prossimo volume in cui sviluppare la misteriosa e affascinante storia che avvolge il destino di questo re fanciullo.

Daniela Marani

Fiori di fessura

Fiori di fessura è un’espressione metaforica per esprimere la forza dirompente della parola poetica, l’energia che porta alla rinascita, alla riconquista della libera espressività dell’anima che la moderna società sta soffocando per lasciare spazio esclusivo alla comunicazione tecnologica.

L’ultimo libro di Adriana Cigna, Bonaccorso Editore 2022, è uno scrigno di immagini suddivise in tre capitoli sulla base delle scelte metrico-stilistiche e delle tematiche affrontate.

Nella prima sezione, Il tempo e i suoi fiori, di forte impatto per il lettore, emerge un’ironia spontanea e avviluppante per mezzo della quale l’autrice mette velatamente (ma non troppo) sotto accusa i lati più discutibili dell’era contemporanea. Mediante una poesia prevalentemente prosastica vengono proiettati fotogrammi di quotidianità in cui sono riconoscibili gli aspetti caratterizzanti della nostra vita attuale, dall’invasione della plastica che ha preso possesso dell’ambiente e del nostro corpo (…ho tracce di plastica nel mio corpo, nel sangue. Indosso abiti di plastica mangio pesci di plastica, respiro microfibre di plastica…); alla perdita della tradizionale identità affiancata da password, pin, username, spid, perdendo di vista il tremulo chiarore della luna e la profondità dei sogni che ancora riempiono il cuore ai pochi superstiti.

Il secondo capitolo, Fiori d’aria, è dedicato agli Haiku, componimenti di tre versi nati in Giappone nel XVII secolo. In essi è la Natura a essere protagonista assoluta, visitata nei suoi elementi più intensi, nei particolari che la rendono unica e indispensabile.

Compaiono in questi versi micro-elementi troppo spesso ignorati e sottovalutati, un’ape dorata, un merlo, lucciole e cicale, farfalle e lumache, per riconsegnare loro dignità e vigore consapevoli che una volta scomparsi anche l’uomo dovrà temere per il suo destino.

Con Fiori d’argilla, ultima sezione, la poetessa scopre con garbo alcuni anfratti del suo animo; emozioni e sentimenti intimi e personali sono discretamente condivisi con chi si approccia alle sue poesie.

Un volume ricco di stimoli e riflessioni, di passioni e turbamenti…tutto ciò che serve a mantenerci esseri vivi in un mondo sempre più tecnologicamente e virtualmente veicolato.

Daniela Marani

L’Urlo del silenzio


“Mon père”,  Edizioni JC Latès 2019, è l’ultimo romanzo pubblicato da G. Delacourt. L’autore ricorre a toni accesi e immagini forti per narrare una storia di grande attualità, purtroppo non unica né isolata. E’ un romanzo sugli abusi sessuali perpetrati a opera di un prete di catechismo nei confronti di una quindicina di minori, quegli stessi bambini per i quali doveva essere una guida e un appoggio, ai quali avrebbe dovuto offrire un modello di vita serena e comunitaria. L’io narrante è Edouard Roussel, padre di Benjamin, il piccolo vittima degli abusi. E’ un uomo distrutto dal dolore ma soprattutto dal rimorso di non essere stato in grado di capire il disagio, di interpretare i sintomi di  mutismo e inappetenza del suo bambino, proprio lui, suo padre, che avrebbe dovuto avere come primo compito quello di proteggere la sua creatura. Un fallimento che lo tormenta senza tregua e lo spinge, con impeto e rabbia, lungo un percorso di violenza fisica e psicologica pur di conoscere nei dettagli il calvario vissuto da Benjamin. E’ un romanzo intenso nel quale viene data voce a una paternità sconvolta, umiliata e assetata di vendetta, un padre che consegna il carnefice alla giustizia degli uomini proprio quando tutto sembrava ormai predefinito e orientato verso una rivendicazione personale. In questo racconto prevale l’amore, quello di un uomo per il proprio figlio e  la voglia di aiutarlo a riprendere la dignità perduta per dispiegare le ali ferite verso il sole della vita. Una scrittura eccellente, priva di filtri, che conduce il lettore in un viaggio sicuramente spinoso ma guidato con tatto e abilità alla scoperta della potenza dei sentimenti, della loro forza distruttrice ma anche della loro energia creativa e dei legami che grazie a essi si stabiliscono tra gli uomini.

Daniela Marani

LA RICAMATRICE DI WINCHESTER


Alla luce del suo brillante percorso come scrittrice non poteva che essere un successo anche l’ultimo libro di Tracy Chevalier “La ricamatrice di Winchester”, Editore Neri Pozza, 2020.La storia, ambientata negli anni ’30, vede protagonista la giovane Violet che durante la Grande Guerra ha perso un fratello e il fidanzato e sembra essere destinata a rimanere nubile, o meglio zitella! Il suo desiderio di libertà e di autonomia è così forte da indurla a chiedere al suo datore di lavoro di essere trasferita, come dattilografa, nella sede di Winchester, lasciando la madre, pedante e lamentosa, nella casa di famiglia a Southampton.Nella nuova cittadina Violet entra a far parte di un’associazione davvero singolare, quella delle ricamatrici della Cattedrale che hanno il compito di decorare, con attenta precisione, i cuscini per i fedeli sotto l’abile guida della signorina Pesel. Sono cuscini meravigliosi, destinati a sopravvivere nel tempo come vere e proprie opere artistiche.Violet stringe alcuni legami un pò insoliti, almeno secondo i pregiudizi maschilisti dell’epoca, e si avvicina a un uomo, Arthur, un campanaro molto più anziano di lei che ha al suo fianco una moglie instabile a seguito della morte del loro figlio.Il suo mondo di ricamatrice si intreccia così con quello dei campanari della Cattedrale, due arti che la affascinano e che, in qualche modo, l’aiutano nel suo difficile cammino verso l’indipendenza, che intende perseguire anche a costo di sacrificare i suoi sentimenti e i suoi rapporti affettivi.Sono molti gli avvenimenti che concorrono a scandire l’evoluzione della storia fino a giungere a un finale inatteso, e in un certo senso appagante per la giovane Violet.Lo stile de Tracy Chevalier sfocia, come al solito, in una narrazione scorrevole e pulita; la vicenda è chiaramente filtrata dalla sua sensibilità  femminile capace di entrare, con tatto e discrezione, nel cuore della protagonista per evidenziarne i punti di forza ma anche le debolezze, che la ragazza cerca di superare con determinazione e volontà  pur di conquistare la sua emancipazione.Si tratta quindi di una buona lettura, sebbene l’autrice abbia raggiunto vertici più alti con alcuni dei suoi precedenti romanzi, in particolare “La dama e l’unicorno”, ambientato alla fine del XV secolo, che ruota attorno a uno splendido ciclo di sei arazzi ancora velati di mistero,  attualmente esposti al Musée de Cluny – Musée National  du Moyen Âge di Parigi.
Daniela Marani

FRATTURA


Pochi giorni fa ho ricevuto un regalo. Un libricino minuziosamente curato nella sua veste grafica; in copertina una conchiglia a spirale geometrica; un’attenta e precisa scelta della carta: “Frattura” di Antonio Seracini, Edizione Bonaccorso & C., anno di pubblicazione 1980. Ho arricchito così  la mia vasta libreria di una piccola perla poetica, della voce lirica di un ragazzo di ventisette anni che avvertiva l’esigenza di urlare le contraddizioni presenti nella sua epoca. Il testo si divide in tre sezioni. Nella “PRIMA FRATTURA” il poeta spazia sul terreno degli amori interrotti e più volte ricominciati, delle speranze lasciate da un primo bacio e degli abbandoni senza via di ritorno. Fratture che la poesia, come il cuore, conserva nella memoria indelebile. Nella seconda parte Seracini avanza lungo il campo minato degli egoismi umani, di una società fatta di falsi miti, “di giochetti di guerra e di economia criminale”, di istituzioni parassitarie. All’interno di questo putrido universo individua il volto di un nuovo eroe “LUI, il giusto” il quale, nonostante l’indifferenza che lo circonda, le bustarelle, la malattia dell’individualismo, continua a sperare che “almeno uno solo si possa accorgere che si può vivere in altra maniera”. Alla “TERZA FRATTURA” appartengono dei ricordi come la poesia “SCOMPARSA”, in memoria del professore-poeta Franco Montaldo Jerócades,  e “IL SACERDOTE” dedicata a Don Romeo, il poeta degli sconfitti. Il libro termina con tre brevi versi:

Ora che penso al cielo aperto

sulle tue ceneri, prendo a rileggere la vita

con la tua calma.

In “EREDITÀ” l’autore invita alla rilettura, a riprendere in mano ciò che è stato per migliorare ciò che sarà, per aggiustare questo vecchio mondo che ha bisogno di cure e attenzioni, per riorientare gli uomini smarriti. È un messaggio, purtroppo, di grande attualità che rende questo giovane poeta degli anni Ottanta (ancora oggi poeta) un precursore dei tempi, capace di rilevare i problemi e i necessari accorgimenti per ritrovare “l’ago” in grado di ricucire le fratture che sono state disseminate lungo tutta la storia dell’umanità.
Daniela Marani

MONSIEUR IBRAHIM ET LES FLEURS DU CORAN

fotografia di Maurizio Gioco


“Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano” è uno dei tantissimi libri usciti dalla fervida penna di E-E Shmitt; un racconto breve ma intenso e intriso di sapienti osservazioni sull’agire umano e sulle sue conseguenze psicologiche. È  una “favola” ambientata nella Parigi degli anni ’60 i cui protagonisti non sono principi, principesse e streghe ma un vecchio arabo, che gestisce un negozio di alimentari in un quartiere operaio della capitale, e un ragazzino ebreo, Momo, di tredici anni. Tra i due viene a instaurarsi un rapporto unico e ricco di emozioni, che mette a confronto culture e religioni diverse in grado di dialogare e arricchirsi reciprocamente. Monsieur Ibrahim diventa per Momo un padre affettuoso e lo conduce in viaggio fino alla sua terra di origine, la Mezzaluna d’oro; durante il percorso il ragazzo scopre la bellezza dei paesaggi e valori importanti come l’amicizia e la vita stessa. La storia però non è solo un itinerario paesaggistico ma anche un cammino interiore, in cui Momo va alla ricerca di sé stesso e del suo passato e scopre verità inaspettate. Lungo tutto il racconto Shmitt affida alla saggezza del vecchio arabo riflessioni importanti alle quali non si può rimanere indifferenti. Così Ibrahim suggerisce al giovane di dialogare con la gente perché “Se si vuole imparare qualcosa non si legge un libro ma si parla con qualcuno”, e gli confida che nella vita ciò che diamo è nostro per sempre mentre ciò che non diamo è perduto per sempre. Durante il loro lungo viaggio Ibrahim fa osservare a Momo un aspetto molto importante che lega gli uomini al contesto in cui abitano. “Quando vuoi sapere se il luogo in cui ti trovi è ricco o povero guarda i cestini dei rifiuti. Se non vedi né rifiuti né cestini, sei in un luogo molto ricco. Se vedi dei cestini ma non dei rifiuti, sei in un luogo ricco. Se vedi dei rifiuti vicino ai cestini, il luogo non è  né ricco né povero: è turistico. Se vedi rifiuti nei cestini, sei in un luogo povero. E se la gente abita nei rifiuti, sei in un luogo molto, molto povero”. Come di consueto la narrazione è  semplice e lineare ma ricca di contenuti e offre spunti di riflessione a più livelli. Da questo libro nel 2003 è stato tratto un film di altrettanta bellezza, con la regia di F. Dupeyron e la sceneggiatura di Dupeyron e dello stesso Shmitt; tra gli interpreti principali Omar Sharif e Isabelle Adjani. 
Daniela Marani

TIENIMI PER MANO

foto di Maurizio Gioco

Il Coronavirus ha sorpreso e assalito tutti alle spalle, da autentico vigliacco; ha gettato nello sconforto e nell’angoscia l’intera umanità, impreparata e ignara della tragedia epocale che si stava propagando. Federica Casasole, colpita duramente da questo evento e impegnata nella lotta per oltre quattro mesi, ha trovato nella scrittura l’arma più adeguata al combattimento “corpo a corpo”, il veicolo con il quale strappare la vittoria dalle mani del nemico. “Tienimi per mano (…la mia storia con il Covid)”, pubblicato a giugno del 2021 da Bonaccorso Editore, è il frutto maturato da quello che l’autrice definisce “viaggio dentro me stessa”, nei ricordi e nella memoria, durante il quale è riuscita a riemarginare vecchie ferite, interiorizzare con maggior serenità  perdite e abbandoni, ritrovare scintille di felicità. Non si tratta di un diario personale fine a sé  stesso, ma di un processo di condivisione con coloro che hanno attraversato la sua stessa esperienza, con i medici e i sanitari impegnati quotidianamente perché trionfi la vita e con coloro che non ce l’hanno fatta, ma che resteranno presenza costante nel cuore dei loro cari e nella memoria umana. Sfogliando le pagine del volume ho ritrovato, tra le osservazioni dell’autrice, quello stato esistenziale che Giuseppe Ungaretti definisce “Allegria”, ovvero lo slancio vitale grazie al quale l’uomo, sebbene colpito dagli eventi più tragici, è sempre in grado di reagire, rialzarsi in piedi e continuare il suo cammino. Federica Casasole, infatti, invita a trovare l’energia per risalire in superficie anche quando tutto sembra perduto; un messaggio importante da conservare e condividere con più persone possibili, affinché  la società  si liberi dall’indifferenza e dall’egoismo dietro cui troppo spesso si fa scudo. Nel testo sono presenti 36 riflessioni poetiche che scandiscono il ritmo narrativo, versi che colpiscono con note di cruda verità ma anche di serena speranza. “Non cercate altro nella vita se non momenti unici” da ravvisare nel valore dei sentimenti e delle emozioni e nel rispetto di chi ci sta attorno, per acquisire la consapevolezza di essere umani e quindi bisognosi di calore. La scrittrice, laureata in Giurisprudenza e dottore di ricerca in Procedura penale, sottolinea la necessità  di rispettare legalità  e diritti focalizzando su di essi l’attenzione dei più giovani affinché  diventino per loro, donne e uomini del prossimo futuro, imperativo morale, aspetto ineludibile della coscienza civile. Una lettura per tutti, non solo per chi ha affrontato la malattia, in particolare per chi ha perso il senso della solidarietà e per chi ha smesso di amare perché ritrovino sé stessi nella vicinanza agli altri.
Daniela Marani

La famiglia Karnowsky


Romanzo storico di Israel Joshua Singer, fratello di Isaac premio Nobel per la letteratura nel 1978, “La famiglia Karnowski” è stato pubblicato per la prima volta nel 1943, un anno prima della sua morte. L’autore ricostruisce il contesto storico e geografico, a partire dal primo ‘900, attraverso il quale si muovono e operano tre generazioni di ebrei originariamente provenienti dalla Galizia polacca. In particolare vengono narrate in successione le vicende di tre uomini, David capostipite, Georg figlio e Jegor nipote e i loro spostamenti migratori prima in Europa poi a New York, dove sperano di trovare rifugio dagli orrori del Terzo Reich.I protagonisti sono personaggi intelligenti, alla ricerca di miglioramento ed emancipazione, tutti tranne l’ultimo, il giovane e fragile Jegor, che cercherà di svincolarsi dalla famiglia influenzato negativamente dalle idee del partito Nazista appoggiate dall’ “ariano” zio Hugo. lI ragazzo giunge a odiare suo padre e tutti gli ebrei ma alla fine, esasperato e umiliato, tornerà sui suoi passi in un finale aperto,  lasciato all’immaginazione dei lettori.Lo stile del romanzo è essenziale e immediato, la narrazione iniziale è lunga e ricca di particolari tanto da rendere un pò lenta e meno appassionante la lettura; più coinvolgente la seconda parte della storia.Attraverso le emozioni dei personaggi e i loro rapporti sociali, l’autore mette in luce tematiche ancora attuali ed eventi storici da non dimenticare mai, come il razzismo e l’antisemitismo.Scritto originariamente in Yiddish, il testo contiene termini specifici e non sempre di facile traduzione, molti di essi legati alla mentalità e alla cultura a cui appartiene lo stesso Singer. Un libro di grande interesse che aiuta a comprendere con maggior chiarezza i fatti storici  di riferimento e ad  avvicinarci al popolo ebreo, ai suoi valori e alle sue tradizioni.
Daniela Marani 

Pranzi di famiglia


“Pranzi di famiglia”, edito da Neri Pozza nel 2019, è uno degli ultimi libri di Romana Petri, autrice due volte finalista al Premio Strega, che si divide tra Roma e Lisbona verso la quale il romanzo sembra essere un omaggio.La storia è davvero curiosa, una sorta di saga familiare che ruota attorno ai Dos Santos e alla volontà del padre, Tiago, di mantenere tutti uniti organizzando da anni i formali pranzi della domenica, ogni volta in un ristorante diverso.Tiago è un politico pragmatico e presuntuoso, che ama parlare di sè ed esaltare la propria posizione privilegiata anche davanti ai tre figli e alla nuova compagna, subdola e manipolatrice. La prima moglie, Maria do Ceu, è morta da poco e ha lasciato un vuoto profondo che i tre ragazzi, Rita, Joana e Vasco, non riescono a colmare. Ognuno di loro cammina per la propria strada, non sempre facile e in discesa, accomunati dal desiderio di ricercare il passato, ricostruire i loro ricordi che sembrano magicamente scomparsi dalla memoria e ritrovare le radici familiari che potrebbero risanare i fragili legami affettivi.La narrazione è senza dubbio piacevole e pulita così come la ciclicità degli incontri domenicali, durante i quali emergono i rancori e le ostilità  nutrite dai componenti della famiglia ma rigorosamente soffocate all’interno di ciascuno.Convince meno la presenza di un personaggio estraneo al contesto e poco funzionale agli intenti dell’autrice, l’italiana Luciana Albertini dal passato confuso ed enigmatico, poco credibile nel suo ruolo di pittrice stravagante che fa innamorare il giovane Vasco. Alcuni episodi legati a questa donna, sebbene marginali, disturbano il filo conduttore della narrazione e ne compromettono significato e scorrevolezza. Interessante il ruolo di altri personaggi minori come il vecchio nonno e lo zio, anch’ essi legati ai rituali della domenica, e soprattutto quello di mamma Maria do Ceu  morta di recente. La sua è una presenza costantemente palpabile perché madre amorevole e comprensiva, attenta all’armonia e alla serenità dei suoi figli. La storia è  ricca di emozioni e cambiamenti che rendono vive e in continua evoluzione le diverse personalità  e le loro complesse dinamiche di relazione; un’indagine minuziosa e attenta ai legami familiari e alla loro precarietà.
Daniela Marani

LES DEUX MESSIEURS DE BRUXELLES

disegno di maurizio gioco

Ho letto di recente, in lingua originale, il testo “Les Deux Messieurs de Bruxelles” scritto dal francese, naturalizzato belga, Eric-Emmanuel Schmitt, e tradotto in italiano con il titolo “L’ amore invisibile”, Edizioni e/o. Da tempo non mi capitava tra le mani un libro di tale genialità, sia per le storie narrate sia per la forma espressiva a cui ricorre l’autore, incisiva, fluida e incalzante. Si tratta di una breve raccolta, cinque racconti nei quali a colpire è l’originalità con cui vengono trattati i volti inaspettati e sconosciuti delle emozioni umane, il mistero dei sentimenti che guidano gli uomini nelle loro scelte, soprattutto quando si ritrovano davanti a qualche bivio difficile da imboccare, o in situazioni dolorose con conseguenze indimenticabili. Il titolo italiano è senza dubbio quello che meglio racchiude e interpreta i contenuti del volume. Sono passioni invisibili quelle che muovono i protagonisti, alcuni dei quali si rivelano modelli di comportamento per la ricchezza e la profondità delle loro riflessioni, per l’amore che nutrono verso gli altri, un amore che l’autore  pone  come aspetto indispensabile senza il quale la nostra esistenza non avrebbe alcun valore, unico  fil rouge che lega tra loro i racconti uno più emozionante dell’altro. Generosità, comprensione, perdono sono solo alcuni dei sentimenti che Schmitt libera dagli animi umani e che stupiscono i lettori per la loro purezza, troppo abituati a egoismi e brutture, violenze e raggiri. Una lettura che lascia il segno e riempie il cuore. Esperienza da vivere. Emmanuel Schmitt è un autore a 360 gradi che scrive sempre all’insegna dell’originalità, capace di muoversi non solo sul terreno della narrativa ma anche del cinema e del teatro, penna che  privilegia una scrittura filosofica e ponderata. Il suo sguardo si posa sempre sull’uomo, sul motore che muove le sue scelte e i suoi dinieghi… è forse un modo per comprendere meglio sé stesso?

Daniela Marani

Il Mondo di Sofia