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Eros intenso e denso Giorgio Maria Bellini

Giorgio Maria Bellini non è un poeta contemporaneo ma il poeta della contemporaneità, portavoce di un malessere che investe l’uomo sociale, lo costringe e lo limita entro argini non voluti, avvinghiato in un gioco che ondeggia tra il lecito e l’illecito il cui confine risulta spesso effimero ed evanescente. Ma Giorgio è anche il poeta dell’eros, dei bisbigli d’amore, dell’illusorietà dei sentimenti spesso evocati con l’ausilio della lontana mitologia, così vicina all’agire umano di ogni epoca e di ogni tempo.

La vita è una battaglia da vincere! Questa la dedica impressa sul suo ultimo volume Eros intenso e denso, pubblicato da Bonaccorso Editore e presentato il 19 aprile 2024 presso la libreria Il Minotauro; un canzoniere che raccoglie e riassume una parte della vita artistica dell’autore, quella compresa tra il 2001 e il 2008. Componimenti umidi d’amore, madidi di sentimenti disseminati goccia a goccia tra le righe come brina ghiacciata, la cui limpidezza affascina lo sguardo ma diffonde brividi sulla pelle con la sua frescura. Parimenti le poesie di Giorgio Maria Bellini seducono con trasparente dolcezza di emozioni, con quadri dipinti attraverso la ricerca sonora e l’attrattiva sensoriale che conquistano la nostra attenzione per poi scuoterla e catapultarla in una dimensione erotica ma riverente, densa di sensibilità e delicatezza.

Ci si abbandona alla lettura delle poesie presenti in questo testo, ci si lascia cullare da antiche commozioni, da turbamenti vissuti o immaginati nel tentativo di riempire, o forse sedare, attimi di vuoto, desideri inappagati, di ricordare esperienze indimenticabili che sostano dentro di noi aspettando stimoli, come la poesia di Bellini, che le ridestino a nuova vita.

Un libro da conservare per aprire ogni tanto, ogni volta che si avverte il bisogno di forti emozioni, di ricevere un abbraccio virtuale che ci rianimi e sprigioni in noi l’energia per affrontare l’ostica quotidianità.

Daniela Marani

Una vita a occhi chiusi

Ho iniziato a scrivere questo lungo racconto alcuni anni fa. Poi l’ho messo in un cassetto; un progetto non ancora maturo da sviluppare in seguito.

All’inizio del 2022, aprendo un mobile che non uso praticamente mai, ho ritrovato il manoscritto e ho deciso di rimettermi al lavoro.

Così è nato questo libro.

È una storia che affonda le radici nei ricordi del passato, ma non nella memoria vissuta bensì in quella ascoltata. Una serie di confidenze sussurrate dietro una porta semiaperta e subito assorbite dalla curiosità giovanile, sempre all’erta, pronta a captare ciò che è vietato e adulto.

Avvenimenti lacunosi come un puzzle del quale sono andate perdute alcune tessere, ma facilmente ricostruibile grazie alla forza dell’immaginazione narrativa che mi ha permesso di delineare il profilo della protagonista e di tutti i personaggi che gravitano attorno a essa. Vittoria ha un’esistenza difficile, prima all’interno di un collegio monacale retto da norme severe e intransigenti, poi accanto a un uomo egoista che dopo tradimenti e abbandoni vorrebbe tornare a ricoprire il suo ruolo di marito, terrorizzato dallo spettro della solitudine che lo attende sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale.

 La loro unica figlia, una bambina determinata e matura, cercherà di veicolare le sorti di questa unione tossica, consapevole della fragilità della madre e della spudoratezza di suo padre.

È Verona a fare da sfondo alle vicende, una città che gioisce e soffre assieme ai personaggi, che li accompagna per mano, li fa sentire meno soli e li consola con la sua arte e la sua bellezza.

Non ho voluto insistere sui particolari della realtà storica in cui è ambientato il racconto; ho preferito prestare tutta la mia attenzione all’anima dei personaggi, specchio del loro vissuto. Ho voluto dare spazio alle donne, agli uomini, ai loro comportamenti e alle scelte verso cui la vita li ha orientati.

Il titolo, omaggio allo stimato scrittore senese Federigo Tozzi, fa riferimento alle circostanze nelle quali si è costretti o si desidera vivere a gli occhi chiusi. La verità fa male e spesso si cerca rifugio in una dimensione parallela, edificata con bugie e sogni che la rendono meno aspra. 

Le pagine di un libro, reale o frutto d’ invenzione, offrono sempre qualche spunto per comprendere e migliorare la nostra esistenza.

Daniela Marani

La Place

All’età di 82 anni, a ottobre 2022, la scrittrice francese Annie Ernaux ha ricevuto il Premio Nobel per la Letteratura: “per il coraggio e l’acutezza clinica con cui svela le radici, gli allontanamenti e i vincoli collettivi della memoria personale. In modo coerente e da diverse angolazioni, esamina una vita segnata da forti disparità di genere, lingua e classe”.

 Attraverso i suoi numerosi romanzi l’autrice raccoglie memorie, ricordi e forti emozioni per raccontare gli avvenimenti più significativi di una vita, come la morte della madre o la lettera indirizzata alla sorella che non ha mai conosciuto, morta prima della sua nascita.

Tenace e combattiva, sempre in prima linea per la difesa dei diritti delle donne, militante dagli anni ’70 nel movimento femminista, la Ernaux vince nel 1984 il premio Renaudot con il suo quarto romanzo “La place”.

Ancora una volta un libro personale nel quale, attraversando le tappe esistenziali del padre, delinea un profilo di sé stessa partendo dalle umili origini per giungere, grazie all’istruzione ricevuta, a una posizione sociale borghese.

La scrittrice rievoca momenti dell’infanzia all’interno di una modesta famiglia che tenta di migliorare le proprie condizioni aprendo un bar-drogheria, un mondo dal quale vuole prendere le distanze in vista di nuove possibilità lavorative e di una vita più dignitosa.

Un testo intenso che in cento pagine ripercorre due esistenze, quella del padre e la sua, parallele e spesso in contrasto.

“I libri, la musica vanno bene per te. Io non ne ho bisogno per vivere”. Questa la filosofia di un uomo dal carattere spigoloso, che ha speso tutti i suoi anni nel duro lavoro di contadino, operaio, soldato e infine commerciante, tra umiliazioni e piccole conquiste.

“Forse è questo il suo più grande orgoglio: il fatto che io appartenga al mondo che lo ha tanto disprezzato”, così la Ernaux chiude il suo romanzo dopo aver ricordato la morte di quell’uomo caparbio e risoluto con il quale, forse, non è mai riuscita ad avere un vero e proprio dialogo affettivo.

Non c’è rimpianto tra le righe del testo, ma la consapevolezza che la vita va costruita giorno dopo giorno seguendo il proprio istinto, i desideri e i sogni che coltiviamo dentro di noi.

Daniela Marani

IL PERCORSO DI ELISA

A luglio 2022 è stato pubblicato il primo romanzo scritto da Maria Scarpa “Il percorso di Elisa”, Albatros Edizioni.

È un libro che, in punta di piedi, si inoltra nel delicato terreno dell’interiorità umana, di quel mondo che spesso si cela ai nostri occhi ma che è ben visibile al cuore e all’anima.

Non è una vera e propria storia, quelle a cui siamo abituati e ci aspettiamo ogni volta che iniziamo un viaggio narrativo. Si tratta di un vero e proprio itinerario, così come il titolo ci preannuncia, un percorso alla ricerca di sé stessa o meglio verso la maturazione e la crescita della propria personalità che porta Elisa, la protagonista, a vivere legami complessi, situazioni e scelte non sempre facili da affrontare.

Nel testo emerge preponderante il carattere di questa giovane che non si arrende davanti a nulla e che, nonostante alcune delusioni, continua con tenacia il suo cammino tra lavoro, matrimonio e amicizie.

Elisa adora viaggiare e ritiene che sia fondamentale venire a contatto con altre culture, lingue e abitudini, preludio necessario all’apertura mentale e alla conoscenza vera e propria.

Attorno a lei ruotano numerosi personaggi secondari, compreso il suo piccolo adorato cane Billy, uno dei tanti tasselli che hanno concorso con affetto a comporre il puzzle della sua personalità.

“È un libro nato quasi per caso”, mi ha rivelato l’autrice in un’intervista, “durante una pausa forzata dal mio lavoro di traduttrice. L’ho scritto di getto, in pochi mesi…forse giaceva già dentro di me!”. Alla mia domanda se ha un nuovo progetto letterario mi confida “Sono tanti gli stimoli che sto ricevendo dai miei lettori che vorrei in qualche modo continuare la storia di Elisa, esplorare qualche altro angolo della sua vita”.

Rimaniamo quindi in attesa del prossimo romanzo!

 

Daniela Marani

Il mio primo Madagascar

Ho deciso di recensire questo libro perché da circa otto anni rivesto l’incarico di vicepresidente nel Direttivo del Progetto Valentina, un’Associazione che opera per dare supporto educativo e scolastico a una piccola comunità situata a sud di Antananarivo, capitale malgascia.

“Il mio primo Madagascar” è un breve reportage di viaggio che Federica Ciani ha pubblicato nel 2008, Bonaccorso Editore; un volume nel quale emerge il volto caleidoscopico e mutevole di questa speciale isola africana fatta di ambiguità e contraddizioni, bellezze naturali e sorrisi meravigliosi.

I paesaggi colorati bucano lo sguardo di chiunque si ritrovi a osservare una natura per lo più incontaminata (purtroppo sempre meno incontaminata), ricca di colori e di profumi, fatta di distese verdi e terra “rosso ruggine” su cui razzolano liberi gli animali da cortile e i cani randagi, ma soprattutto corrono e ridono decine di bambini dai grandi occhi pieni di vita, nonostante le difficoltà quotidiane di sopravvivenza. Quest’ultimo è l’aspetto meno confortante dell’isola i cui abitanti sono legati a una mentalità retrograda, che certamente non agevola le loro precarie condizioni esistenziali, appesantita da una difficile amministrazione politica ed economica.

L’autrice ha trascorso otto giorni in una Missione ad Ambodivona col marito, entrambe medici, consapevoli che il loro apporto sarebbe stato come tirare su l’acqua col colino ma spinti dalla necessità e dall’utilità del loro sia pur breve lavoro.

Giorno dopo giorno si sono occupati degli ammalati, operando in situazioni tutt’altro che agevoli. Molti dei pazienti presi in esame versavano in gravi condizioni e vivevano lontani dalla Missione, ma Federica e Loris erano spinti dal desiderio di portare il loro aiuto e consolati da qualche preghiera: Mio Dio, fa che almeno il sonno sia per loro dolce.

L’autrice rivela di aver scritto di getto i suoi appunti di viaggio la sera, prima di addormentarsi, o al mattino presto, quando la luce del sole risplendeva e rendeva tutto più incantevole.

Un diario ma anche un aiuto per affrontare e superare le difficoltà incontrate in quel viaggio, che lei stessa definisce terribile e bellissimo.

È stato difficile per Federica lasciare quel mondo fatto di povertà e di miserie, ma ha giurato a sé stessa di non dimenticare, di operare per raccogliere fondi e magari tornare, orgogliosa di essere una delle tante piccole gocce, come noi del Progetto Valentina, che si riversano nell’oceano della solidarietà.

I proventi ricavati dalla vendita del libro sono stati devoluti alla ONLUS “First Aid” e ai bambini della Missione di Ambodivona.

 COGNOME E NOME WEISER DAWIDEK

1957, a Danzica è un’estate caldissima colpita da un’insolita moria di pesci che infesta le acque di Jelitkowo, la spiaggia dove i ragazzini vanno a fare il bagno durante i pomeriggi liberi dalla scuola. Una putrida e maleodorante zuppa di spinarelli si allarga giorno dopo giorno e boicotta i loro giochi ricreativi.

L’autore, Pawel Huelle, segue da vicino le vicende di una piccola banda e soprattutto la curiosità che i componenti nutrono nei confronti di Weiser Dawidek, il compagno ebreo diverso da tutti, capace di azioni sorprendenti, di miracoli inspiegabili ai loro occhi ancora ingenui e infantili. Dawidek è il bambino che osa l’impossibile facendo deflagrare alcuni ordigni sopravvissuti alla Seconda Guerra Mondiale e ancora inesplosi, sfidando la sorte con coraggio e determinazione.

La vicenda è narrata da uno dei protagonisti, Heller, che, ormai adulto, grazie a un lungo e minuzioso flashback torna a quei tempi lontani per rivivere una notte trascorsa a scuola durante la quale il preside, un professore e una guardia stanno investigando sull’enigmatica scomparsa di Weiser e della piccola Elka, unica ragazza del gruppo.

Per Heller, Szymek e Piotr è una lunga nottata di interrogatori nei quali affiorano le avventure vissute con l’impavido ebreo, un’ accozzaglia di immagini reali che si mescolano con altre, frutto di fantasia e immaginazione.

Elka, sopravvissuta agli eventi, è ormai una donna e vive in Germania; lì la raggiunge Heller per avere spiegazioni sulla scomparsa dell’amico, ma si rivelerà un viaggio infruttuoso dal quale tornerà senza soluzioni.

Il testo, pubblicato per la prima volta nel 1987, è una sorta di giallo nel quale il percorso compiuto dai protagonisti assume alcuni dei connotati propri del romanzo di formazione.

Nonostante la scioltezza espressiva e l’originalità narrativa, il racconto risulta piuttosto ripetitivo e lento. La non risoluzione della vicenda accresce la perplessità nel lettore,H che alla fine del libro si ritrova con le stesse incertezze che lo hanno accompagnato fin dalle prime pagine.

Daniela Marani

La congiura – Indagine su un re scomparso

Si legge tutto d’un fiato l’ultimo libro di Luciano Rognini La congiura. Indagine su un re scomparso: Luigi XVII, Edizioni Bonaccorso, Giugno 2022.

Sebbene affondi le radici nella profondità della storia, spesso complessa e cavillosa, il testo si avvale della piacevolezza della narrazione, arricchita da sfumature romanzate di grande coinvolgimento.

Ma è soprattutto la scorrevolezza di una scrittura sapiente ed esperta a catturare il lettore e proiettarlo tra le pieghe di un enigma storico. Mi riferisco alle sorti di Louis Charles, figlio del re francese ghigliottinato con la moglie Maria Antonietta; quel piccolo uomo incarcerato e morto nel 1795, a soli dieci anni, a seguito delle terribili condizioni in cui aveva vissuto nella prigione del Tempio.

A lungo si è dubitato della sua morte ipotizzandone la fuga e la sostituzione con un coetaneo muto e molti, negli anni a seguire, hanno sostenuto di essere il Delfino. Solo l’orologiaio tedesco Naundorff è stato identificato come tale, ma recenti indagini genetiche sembrano smentire anche questa identità.

Attorno a un fatto così ambiguo e oscuro ruota la storia narrata da Rognini e si ramifica, pagina dopo pagina, in varie direzioni seguendo uomini ed eventi, passioni e ideali che hanno movimentato la difficile epoca successiva al Terrore e alla morte di Robespierre.

Nel testo compaiono personaggi realmente vissuti accanto a personaggi verosimili, così come sono affiancati eventi accaduti ad altri d’invenzione, ingredienti propri del romanzo storico che permettono di accostare anche i meno esperti alle dense sedimentazioni del nostro passato.

L’autore, che ha già pubblicato testi di questo genere, è anche un esperto di arte e musica antica; ha collaborato a numerose pubblicazioni, cataloghi di mostre, saggi e volumi legati alla cultura veronese; ha prestato consulenze a prestigiosi musei come il Metropolitan di New York e il Victoria and Albert Museum di Londra.

Sono certa che con La congiura Rognini non abbia chiuso questo capitolo epocale. L’epilogo rimane sospeso e consente di intravedere la possibilità di un prossimo volume in cui sviluppare la misteriosa e affascinante storia che avvolge il destino di questo re fanciullo.

Daniela Marani

Fiori di fessura

Fiori di fessura è un’espressione metaforica per esprimere la forza dirompente della parola poetica, l’energia che porta alla rinascita, alla riconquista della libera espressività dell’anima che la moderna società sta soffocando per lasciare spazio esclusivo alla comunicazione tecnologica.

L’ultimo libro di Adriana Cigna, Bonaccorso Editore 2022, è uno scrigno di immagini suddivise in tre capitoli sulla base delle scelte metrico-stilistiche e delle tematiche affrontate.

Nella prima sezione, Il tempo e i suoi fiori, di forte impatto per il lettore, emerge un’ironia spontanea e avviluppante per mezzo della quale l’autrice mette velatamente (ma non troppo) sotto accusa i lati più discutibili dell’era contemporanea. Mediante una poesia prevalentemente prosastica vengono proiettati fotogrammi di quotidianità in cui sono riconoscibili gli aspetti caratterizzanti della nostra vita attuale, dall’invasione della plastica che ha preso possesso dell’ambiente e del nostro corpo (…ho tracce di plastica nel mio corpo, nel sangue. Indosso abiti di plastica mangio pesci di plastica, respiro microfibre di plastica…); alla perdita della tradizionale identità affiancata da password, pin, username, spid, perdendo di vista il tremulo chiarore della luna e la profondità dei sogni che ancora riempiono il cuore ai pochi superstiti.

Il secondo capitolo, Fiori d’aria, è dedicato agli Haiku, componimenti di tre versi nati in Giappone nel XVII secolo. In essi è la Natura a essere protagonista assoluta, visitata nei suoi elementi più intensi, nei particolari che la rendono unica e indispensabile.

Compaiono in questi versi micro-elementi troppo spesso ignorati e sottovalutati, un’ape dorata, un merlo, lucciole e cicale, farfalle e lumache, per riconsegnare loro dignità e vigore consapevoli che una volta scomparsi anche l’uomo dovrà temere per il suo destino.

Con Fiori d’argilla, ultima sezione, la poetessa scopre con garbo alcuni anfratti del suo animo; emozioni e sentimenti intimi e personali sono discretamente condivisi con chi si approccia alle sue poesie.

Un volume ricco di stimoli e riflessioni, di passioni e turbamenti…tutto ciò che serve a mantenerci esseri vivi in un mondo sempre più tecnologicamente e virtualmente veicolato.

Daniela Marani

LA COMEDIA DEL DOMILA

È veramente singolare il volume di Silveria Gonzato Passarelli La Comedia del domila, Edizione Bonaccorso, ristampa gennaio 2021; una delle numerose opere oggi presenti nelle librerie per commemorare il VII centenario della morte di Dante Alighieri.

Si tratta di una rivisitazione originale dell’itinerario ultraterreno compiuto dal Sommo Poeta, nella quale a colpire e coinvolgere il lettore non è soltanto l’uso del dialetto, ma un’attualizzazione della Commedia che trova conferma in una pluralità di elementi: la moderna tipologia delle anime, i disegni caricaturali di Gianluca Passarelli e i dialoghi diretti e incisivi, arricchiti dalle sfumature e dagli accenti propri del vernacolo.

A parlare non è solo il mio “cuore veneto” ma la consapevolezza che Dante voleva conferire al volgare la giusta dignità letteraria così da elevarlo alla stessa stregua del latino, fino ad allora lingua della cultura.

Nel volume di Silveria Gonzato Passarelli il dialetto veronese riveste, in un certo senso, il ruolo del volgare trecentesco tanto apprezzato dal Poeta; un idioma che carica d’ironia l’insolito viaggio e i personaggi che lo animano senza sminuire la profondità del contenuto, rendendolo anzi più chiaro e fruibile. L’autrice è un’esperta conoscitrice del dialetto veronese con il quale ha scritto numerose commedie teatrali e raccolte poetiche.

In questo libro Dante e Virgilio si esprimono in modo schietto e verace, con un linguaggio pieno di fraintendimenti, metafore e similitudini che danno vivacità e ritmo ai dialoghi: “Varda come i slùsega e come i sbate le ale, i resta par aria come se i fosse farfale”.

Non manca nessuno all’appello! La scrittrice ha voluto fare una sorta di “aggiornamento”, un “inventario” delle anime a seguito del quale vengono collocati all’Inferno, accanto a diavoli, ignavi e lussuriosi, anche gli inquinatori, i razzisti, i mercanti d’armi e tanti altri peccatori contemporanei tutti condannati alle giuste pene, punizioni senza via di scampo che, in qualche modo, seguono l’antica legge del contrappasso.

La sensibilità dell’autrice colloca in Paradiso un barbone “bruto, sporco e tuto stassà” ma sempre fedele alla sua libertà, anziani e uomini di colore che lassù, in quel luogo benedetto, trovano finalmente serenità e rispetto.

Si chiude l’ultima Cantica con un messaggio rincuorante che un’anima speciale rivolge al Poeta:

Va nel mondo andóe gh’è triboli e afàni e

Porta la caréssa de Papa Giovàni”.

Si tratta di un libro sicuramente divertente ma che, tra una battuta e l’altra, induce il lettore a riflettere sulle piaghe della nostra società e sul giusto valore che dobbiamo attribuire agli uomini.

Daniela Marani

ESERCIZIO DI SGUARDi

Raffaella Grasso, scrittrice di esperienza, ha pubblicato a febbraio 2021 il suo ultimo libro Esercizio di sguardi- Contagiarsi di senso al tempo del Covid, Bonaccorso Editore, con prefazione di Andrea Monda, giornalista e direttore de L’Osservatorio Romano.

Il volume si articola in tre parti; nella prima l’autrice ripercorre il periodo di lockdown durante la primavera 2020 e riporta in superficie l’alternarsi delle emozioni, le esplorazioni interiori e le riflessioni esistenziali che un frammento epocale così difficile e anomalo ha attivato in lei, come in ognuno di noi.

Una sorta di diario in cui scoperte, riscoperte e conferme infondono nuova luce e sostanza ai pensieri, consolano e rafforzano la convinzione di dover tornare a distinguere il bene dal male e salvare la presenza di Dio che è dentro di noi

Raffaella Grasso parla di sé e di chi le sta vicino, racconta la sua quotidianità, esplora tutto ciò che la circonda, uno sguardo che, seppure in stato di confinamento, spazia e cattura, osserva e penetra nell’altro cogliendo solitudine, fragilità e privazioni, ma anche emozioni intense e tanta voglia di normalità.

Ogni capitolo è una “Rapsodia” numerata, una raccolta di pensieri che si intrecciano per sfociare in considerazioni filosofiche e spirituali.

Nella seconda parte, Lettere dal “fronte”, la scrittrice riporta la voce degli altri; analisi di oggi e di domani, testimonianze, scelte scaturite dalle esperienze individuali, dagli stravolgimenti vissuti e dai vuoti lasciati.

La Grasso arriva così a Primavera 2021 e cerca di fare il punto della situazione, valutare quanto abbiamo imparato da questa tragica esperienza; chiude con alcuni versi della poesia Non chiederci la parola, di Eugenio Montale, per sottolineare l’impossibilità di stilare cure o previsioni certe e inconfutabili.

La sola verità a cui approda l’autrice è la speranza che, dopo tanto esercizio di sguardi, resti nei nostri occhi il sorriso così a lungo soffocato da una mascherina di stoffa.

Daniela Marani